La fisica quantistica e l’essere vivente - EMILIO DEL GIUDICE - S-Drive per il Test di mappatura dei fattori epigenetici

Un luogo comune della cultura degli ultimi secoli è stato la credenza che la materia sia inerte, cioè sia incapace di mettersi in moto da sola. Siccome l’esperienza reale mostra che la materia diviene, bisogna allora ammettere l’esistenza di cause esterne del movimento. Si introduce nella realtà fisica un dualismo: la materia e le cause esterne del movimento.
L’introduzione di questo dualismo ha in parte sovvertito e tradito i fondamenti dell’attitudine rinascimentale. La filosofia del rinascimento con Nicola Cusano, Pico della Mirandola, Paracelso, Giordano Bruno, ecc.. aveva introdotto una concezione gioiosa della materia, materia dotata d’automovimento, capace di esprimere dal suo seno la totalità delle cose. Disse in seguito Carlo Marx: la materia sorride agli uomini – non è la materia arcigna, severa, grigia. Però nel ‘600 purtroppo la concezione della materia si affermò come una concezione grigia, misantropa, per usare un’altra espressione di Carlo Marx, cioè una concezione in cui la materia era caratterizzata unicamente dal luogo dove stava e dall’istante in cui stava in quel luogo, in una concezione geometrica della materia. Questa materia aveva perso ogni possibilità di auto movimento. Ma allora, per spiegare il movimento della materia, bisogna introdurre da qualche parte un motore e questo motore diventa lo spirito. E dove lo andiamo a trovare lo spirito? Questo campo si sottraeva alla scienza e andava a costituire il patrimonio residuo del pensiero religioso.
In ogni modo su queste basi si sviluppa la fisica classica che ancora oggi è insegnata nelle scuole. Questa fisica raccoglie un certo numero di successi, per esempio è capace di spiegare in modo soddisfacente il sistema planetario. A metà dell’800 raggiunse addirittura un trionfo; sulla base di una piccola discrepanza tra l’orbita di URANO calcolata e quella osservata riuscì a dedurre che essa doveva essere prodotta da un altro pianeta responsabile con la sua attrazione del fenomeno e questo pianeta doveva esistere, anche se non era stato ancora osservato. Si calcolarono sulla base della differenza tra osservazione e teoria le caratteristiche di questo pianeta, si andò a guardare nel punto giusto e così fu scoperto NETTUNO. Fu il trionfo della ragione, perché per la prima volta nella storia umana un corpo celeste era stato visto prima con l’occhio della mente poi con gli occhi normali.
Secondo trionfo: nella seconda metà dell’800 le leggi dei gas furono capite sulla base del comportamento microscopico degli atomi. La legge macroscopica dei gas era nota, il prodotto della pressione per il volume è proporzionale alla temperatura assoluta. Ma come emerge questa legge? Io ho una manciata di atomi, voglio vedere come emerge la legge dei gas. Ebbene questa deduzione fu fatta secondo le leggi basilari della fisica classica; almeno limitatamente ai gas i primi due principi della termodinamica furono spiegati. Arriviamo alla fine del secolo, quando il chimico tedesco Walter Nernst scoprì il terzo principio della termodinamica: l’entropia di qualunque sistema fisico tende a zero al tendere a zero della temperatura assoluta. La temperatura assoluta è la temperatura centigrada più 273: la temperatura assoluta è proporzionale all’energia cinetica degli atomi; quando gli atomi stanno fermi la temperatura assoluta è zero; questo nella scala centigrada succede a 273 gradi sotto zero. Perciò si rinormalizza la temperatura e si fissa l’origine della scala assoluta a –273. L’entropia è una funzione del numero di possibilità che hanno gli atomi di aggregarsi insieme per formare un certo corpo macroscopico. Per esempio questo microfono è fatto di atomi: in quanti modi gli atomi componenti si possono disporre in modo da dare luogo a questo microfono? Tanti. Si prende una funzione matematica di questo numero che si chiama logaritmo e quella è l’entropia. Intuitivamente l’entropia è l’indice di quanto caotico sia il sistema.
Se il sistema è molto ben ordinato l’entropia è zero; infatti, siccome il logaritmo di uno è zero, se c’è un’unica possibilità di mettere insieme gli atomi per dare luogo a quel sistema l’entropia di quel sistema è zero. Questo accade nei sistemi ordinati di cui i sistemi viventi sono un esempio; l’entropia dei sistemi viventi è estremamente bassa.
Come si capisce il principio di Nernst nel quadro concettuale della fisica classica, cioè come si capisce il fatto che l’entropia di un oggetto fisico qualsiasi tenda a zero al tendere a zero della temperatura? Si fecero i calcoli in base alla fisica classica e si dedusse un valore infinito dell’entropia. Era stata trovata un’inconsistenza, ma se la teoria è in disaccordo con l’esperimento, siccome l’esperimento non può sbagliare, è la teoria che si sbaglia, quindi dov’è l’errore? Questa fu la crisi che fece emergere finalmente la sciocchezza iniziale di aver concepito la materia come inerte. Quale fu la soluzione?
Questa grande rivoluzione accadeva esattamente un secolo fa; nell’estate del 1900 Max Planck fornì la soluzione, cioè disse: immaginiamo che i componenti del sistema anziché essere rigorosamente definiti nella loro posizione e nella loro velocità, per qualche motivo fluttuino. Per chiarire questa affermazione usiamo una metafora: l’oggetto della fisica classica è come un alpino sobrio il quale è solido sulle sue gambe e quando si muove, si muove lungo una traiettoria ben definita. L’oggetto quantistico che fluttua, è l’alpino che ha bevuto due litri di grappa: costui barcolla, sbanda, oscilla, fluttua, se c’è una buca ci cade dentro. Ecco: questo è l’oggetto quantistico. Un oggetto intrinsecamente fluttuante. Allora se uno considera come configurazioni degli atomi che formano un sistema non solo le enumerazioni degli atomi componenti con le loro traiettorie, ma anche le fluttuazioni spontanee, ogni configurazione quantistica corrisponde a tantissime configurazioni classiche, una per ogni particolare fluttuazione. Quindi concepire la materia come inerte, trascurando i movimenti spontanei della materia, fa diventare infinita una grandezza che invece, nella realtà, è zero.

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